Balavidya è un percorso di rieducazione totale del sentire, dello stare in piedi, muoversi camminare, respirare, usare la voce e la vista. Consigliabile per chiunque. Da chi inizia a accusare i primi dolori di sciatica, a chi passa molte ore al computer, a chi pratica sport, o è un professionista del corpo e della voce e vuole avere performance eccezionali.
Perché, se non si reimposta il nostro modo di gestire corpo e respiro, non si possono ottenere prestazioni prive di sforzo, salutari e efficienti.
Ognuno può praticare Balavidya al suo livello.
Anni fa, durante uno spettacolo teatrale, feci un movimento che mi procurò una fitta alle reni. Ero giovane, e pensai che sarebbe passata da sola. Dopo due ore di salti in scena e tre di macchina, la fitta si era estesa a tutto il bacino e alle gambe in forma di dolore paralizzante, tanto che fui costretta a camminare con le mani appoggiate al muro, per raggiungere la porta di casa.
Il giorno dopo, pensai che sarei rimasta paralizzata, dalla vita in giù. Amici e parenti mi portarono al pronto soccorso ortopedico. Arrivata all’ospedale, d’istinto – visto che dovevo aspettare- appoggiai la parte bassa della colonna al muro, con le gambe flesse.
Un’infermiera insisteva per farmi sedere, ma, non so per quale ragione, mi rifiutai di farlo. Allo scoccare del 45º minuto, era giunto il mio turno. Mi staccai dal muro e… il dolore era passato, e le gambe avevano ripreso a muoversi. Volevo tornare a casa.
Amici e parenti, però, “visto che ormai eravamo stati lì aspettare tutto quel tempo” mi obbligarono entrare nell’ambulatorio. L’ortopedico mi chiese qual era il punto da cui era partito il male: glielo indicai, e lui ci ficcò dentro due dita. Ripartì una fitta che mi fece saltare come un salmone in bocca a un orso, e uscire di nuovo semi paralizzata, dallo studio. La diagnosi era: “non ho capito bene cosa”, e la cura “restare una settimana a letto, sotto Voltaren”, astenendomi per un mese da qualsiasi attività fisica. Era lunedì, e il venerdì io dovevo condurre un seminario di quattro ore.
Andai a casa, e mi affrettai a fare quello che mi avevano detto, ma, più stavo a letto, peggio andava. Il mercoledì, mi fu chiaro che – come spesso nella mia vita- nessuno avrebbe potuto aiutarmi. Ascoltai il mio istinto, e iniziai a accennare dei leggeri movimenti di allungamento. Assolutamente no immobilità. Assolutamente no letto. Assolutamente no Voltaren.
Il giorno dopo, ero in piedi; il venerdì condussi il seminario di quattro ore.
Certo, quando allungavo le articolazioni, sentivo ancora un “tirino” nella zona lombare. Ma la mia condizione era ben diversa dalla paraplegia.
Questa vicenda radicò in me la certezza che solo io avevo la pazienza, l’amore e la capacità di ascolto millimetrico del mio corpo. Anni dopo, capii anche che il mio istintivo appoggiare la zona lombare al muro, con le ginocchia flesse, mi aveva allungato i muscoli in prossimità del nervo sciatico, e, per questo, mi era passato il male.
Iniziai a seguire quello: il mio sentire. A elaborare, annotare, tutte le pratiche mi davano beneficio e i minimi movimenti che invece mi acuivano il dolore. Una decina di anni dopo, li raccolsi e ne capii i principi e li perfezionai. Era nato così, da sé un metodo. Lo chiamai Balavidya.
Questa vicenda radicò in me la certezza che solo io avevo la pazienza, l’amore e la capacità di ascolto millimetrico del mio corpo. Anni dopo, capii anche che il mio istintivo appoggiare la zona lombare al muro, con le ginocchia flesse, mi aveva allungato i muscoli in prossimità del nervo sciatico, e, per questo, mi era passato il male.
Iniziai a seguire quello: il mio sentire. A elaborare, annotare, tutte le pratiche mi davano beneficio e i minimi movimenti che invece mi acuivano il dolore. Una decina di anni dopo, li raccolsi e ne capii i principi e li perfezionai. Era nato così, da sé un metodo. Lo chiamai Balavidya.
Cosa Significa Balavidya?
La parola sanscrita “Bala” significa “Forza”, in tutte le sue forme; mentre “Vidya” è un termine, utilizzato nello Yoga, che indica una “Consapevolezza” vissuta, e non solo intellettuale. La traduzione più corretta sarebbe “Arte“, nel senso rinascimentale del termine. Un artista rinascimentale aveva padronanza di tutte le tecniche che gli permettevano di creare. Una conoscenza concreta della sua arte.
Balavidya è l’arte di saper gestire le proprie forze.
I Danni di Sedie e Scarpe
Tutti noi occidentali, fin da bambini, veniamo costretti, più ore al giorno, a stare seduti e a usare le scarpe. La sedie prevedono che si appoggi il tratto dorsale allo schienale, portando indietro la zona lombare. Col tempo, la colonna tende a assumere una forma a C, anziché a doppia S e questa deformazione della postura causa scompensi in tutta la struttura e nella respirazione. Inoltre le scarpe, che hanno la suola rigida, fanno perdere alla pianta del piede la sua naturale flessibilità, che consentirebbe di scaricare parte degli sforzi della colonna a terra. Ci ritroviamo così con un corpo costantemente sotto sforzo perché ha il bacino fuori asse, e impossibilitato dai piedi rigidi a scaricare gli sforzi. Non è difficile in poco tempo accusare danni gravi o lievi.
Balavidya va a invertire questo processo, e a ricostruire l’originaria respirazione e mobilità del corpo.
Per capire come, bisogna prima capirne i presupposti.
Tutti noi, dalla primissima infanzia, ci abituiamo a sentire come “naturale” un assetto posturale malsano.
Abbiamo ossa, o gruppi di ossa, che hanno preso, nel corso dell’evoluzione, la forma di travi, pilastri, archi e cupole. Basta che la postura sia nel corretto assetto, e i muscoli preposti a sostenere le ossa si sviluppano automaticamente, senza bisogno di alcun esercizio suppletivo. La cosa difficile è appunto ricostruire il corretto assetto.
Visualizzazione e Comprensione Teorica
I miei esercizi, spesso, non sono esercizi fisici, ma visualizzazioni e percezioni che chiedo di rievocare, tenere presenti durante la settimana.
Balavidya è una sfida alla vita quotidiana, che è, ahimè, l’allenamento più potente che ci sia, perché la si mantiene ventiquattr’ore su 24, × 7 giorni la settimana, anche quando si dorme. È difficile, dunque, contrastarla con degli esercizi: bisogna sfruttare la sua continuità innestando degli input diversi.
Percezione
Più una parte è contratta, meno questa è senziente. Per decontrarre una parte, e ritornare a percepirla, Balavidya propone tecniche diverse:
Significa usare le dita di una mano, nostra o di altri, come un pennello; si va a tracciare il confine della parte che stiamo considerando, con una leggera e pressione. È molto difficile, nei nostri corpi usurati e maleducati, andare a portare l’attenzione fisica a una parte precisa. Il contatto con la mano, porta immediatamente la consapevolezza.
Il Distacco del Connettivale
O “Pinzata” consiste nell’allontanare il tessuto connettivale dall’osso che ricopre, per renderlo nuovamente elastico e tonico. Spiego in dettaglio come farlo, per annientare la scorza di muscoli superficiali, che schiacciano quelli profondi. Una volta staccato il connettivale, si ritorna a sentire calore, e espansione della parte. Le articolazioni vengono così liberate e possono cosi iniziare a “respirare”.
Far Respirare la Parte
Significa riportare l’onda del movimento respiratorio presente e percepibile, in un punto preciso che si considera. Per farlo, vanno riallungati i muscoli profondi, della zona, per permettere che l’espansione della gabbia toracica si propaghi in tutte le articolazioni, collegate fra loro con un “sistema di elastici”. Le tensioni, infatti, bloccano questi elastici. La Respirazione nelle parti – detta Respirazione Selettiva- si “risuscita” con diverse tecniche, che spiego in dettaglio a lezione, e che utilizzo nei trattamenti individuali. Quando la parte considerata è un osso, per riattivarne la funzionalità, e farne capire al corpo la funzione statica – cioè, a cosa corrisponde nel sistema corpo umano, tra travi pilastri archi o cupole – è bene tornare a sentire il peso di quell’osso, ovvero risuscitarne l’abbandono.
Peso della Parte
Una delle cose più difficili da spiegare è che il corpo è forte e stabile non quando lo “sollevo”, ma quando ho il coraggio di “abbandonarlo alla Terra”. Si può, utilizzando le proprie mani, o con l’aiuto di qualcuno, fare delle leggere pressioni o trazioni verso il basso, che servono a rimettere le ossa al loro posto, e a riattivarne la funzione.
Contatto Simpatico
Un’altra tecnica molto piacevole, e quasi misteriosa, per riportare alla funzionalità corretta una parte, è il Contatto Simpatico, ovvero la vicinanza con un’altra parte del corpo. Possono essere due parti del nostro stesso corpo, come gambe, piedi o mani; o, ancor più piacevole, il contatto con la parte del corpo di un’altra persona. Per ragioni ancestrali, il contatto tra due corpi fa percepire l’interno del proprio corpo, come se reciprocamente ci si facesse da specchio.
Movimenti Ultra rallentati
Ultimo passaggio è affrontare tutti i movimenti che si possono compiere con quella stessa parte, una volta liberata. Si tratta di movimenti molto raffinati, precisi, piccoli, impensabili in un corpo irrigidito e mal educato. Questi movimenti vanno fatti in maniera ultra rallentata per due ragioni:
Se ci si muove velocemente, si perde la consapevolezza e si ritorna in un lampo all’abitudine.
Sequenze di Esercizi per Rinforzare e Sfruttare le Consapevolezze Acquisite
Una volta tornati a percepire la parte liberata, si procede con l’analizzare questa parte, in relazione alle altre parti del corpo, e a tutte le possibilità di movimento che questa ha. Quindi creo sequenze di esercizi ad hoc.
Si tratta di:
A volte utilizzo anche voce, corsa, salti, movimenti, ma il più delle volte si è fermi. Tutti gli esercizi sono molto semplici e vengono spiegati in dettaglio. Quelli più importanti vengono poi riproposti nel tempo, oppure sviluppati in varianti.
Il tema è “sentire quella cosa”; e, una volta tenuta presente “questa cosa”, si va a sviscerarla, con esercizi sempre diversi, che richiedono che si continui a sentire “quella cosa”, come priorità.
Aggiustamenti e feed-back come parte Integrante
Più importante della forma dell’esercizio, è la modalità con cui questo viene eseguito. Balavidya non si prefigge di insegnare posizioni o forme, ma di risvegliare, attraverso gli esercizi, l’istinto ancestrale del corpo.
Se, per esempio, propongo l’allungamento di un braccio, non è importante allungare il braccio, ma quello che viene spontaneo fare, come reazione a questo allungamento, per esempio raddrizzare il tratto dorsale. Quando spiego gli esercizi, porto l’attenzione tanto sull’esecuzione, quanto sull’ascolto di quello che ne segue.
Insegno a sfruttare l’aggiustamento, come allungamento dei muscoli profondi e riassetto della struttura articolare.
Gli aggiustamenti, che tutti noi pratichiamo in maniera più o meno spontanea, durante la giornata sono gli unici messaggi che riceviamo dalle profondità del corpo, che parla il linguaggio del “fisiologicamente corretto” e che vanno assecondati, interpretati e sviluppati.
Balavidya punta a rendere tutto spontaneo, non a imporre comportamenti, forme, movimenti che non fanno altro che aggiungere rigidità a rigidità.
Tutto ciò che è “giusto” viene facile e spontaneo, come l’originario stato del corpo fisiologicamente corretto.